Posso prendere i farmaci antinfiammatori?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Gli anti infiammatori non steroidei comunemente usati (es. Nimesulide, ketorolac, aspirina, ecc…) oltre ad essere causa di erosioni ed ulcere a carico del tratto gastroenterico nella popolazione generale, sono controindicati nelle MICI in quanto sono associati ad incremento della probabilità di recidiva della malattia intestinale. Questo rischio vale anche per i COX-2, categoria di anti-infiammatori più selettivi che sarebbero associati ad una maggior gastrolesività; in quanto anche essi in studi clinici si sono dimostrati in grado di determinare una recrudescenza della malattia infiammatoria intestinale in almeno ¼ dei pazienti.

Tuttavia, come per ogni malattia bisogna eseguire un bilancio rischi-benefici in funzione della severità della patologia per cui sarebbe indicato l’uso dell’anti-infiammatorio. Ciò che è da evitare è l’uso improprio di tale farmaco, per esempio per il controllo di una lieve sintomatologia dolorosa ( es. Cefalea, dismenorrea..) per cui si può eseguire in prima istanza un tentativo di trattamento con paracetamolo o tramadolo.

Posso prendere gli antibiotici?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Anche in questo caso è l’uso improprio che deve essere evitato, basta pensare che la maggior parte delle infezioni delle vie aeree è sostenuta da virus per cui l’antibiotico non trova indicazione. Ma se il vostro medico di famiglia ritiene necessario che voi li assumiate (es. polmonite, bronchite, otite, ascesso dentario….) è giusto e doveroso eseguire tale terapia. Sarebbe corretto informare il vostro Gastroenterologo di fiducia di tale trattamento antibiotico in quanto, qualora comparisse una sintomatologia suggestiva per recidiva della malattia infiammatoria intestinale, si possano eseguire tempestivamente gli accertamenti del caso ( es. esclusione di una diarrea da antibiotici).

Cosa posso mangiare?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

La risposta corretta è tutto. Infatti non vi sono degli alimenti che devono esclusi in quanto responsabili di un’eventuale riacutizzazione della malattia infiammatoria intestinale.
Delle accortezze dietetiche vanno osservate nelle fase di attività di malattia. In particolare:
ridurre l’assunzione di fibre (verdura, frutta e legumi) in quanto trattenendo acqua possono peggiorare la diarrea
ridurre l’assunzione di latte e derivati, per un deficit temporaneo di lattasi, enzima che scinde il lattosio che non venendo, quindi, completamente assorbito può trattenere acqua nell’intestino contribuendo al peggioramento della diarrea.
Altre accortezze dietetiche le devono osservare i pazienti con malattia di Crohn complicato da stenosi. Nello specifico dovrebbero:
fare cinque pasti al fine di ripartire equamente nelle 24 ore l’apporto dietetico della giornata, evitando pranzi e/o cene abbondanti in modo da evitare che nel tratto stenotico giunga una grande quantità di alimenti determinando distensione intestinale e dolori
seguire una dieta a basso contenuto di fibre in quanto esse si possono accumulare nel tratto stenotico determinando il precipitare di crisi subocclusive.
Eventualmente integrare la dieta con integratori di nutrizione enterale,qualora si osserva un calo ponderale, in attesa dell’intervento chirurgico,
IMPORTANTE!! Evitare restrizioni dietetiche senza aver consultato il gastroenterologo di riferimento. Questo comportamento avviene specialmente in pazienti con crisi subocclusive recidivanti al fine di aver un maggior controllo dei sintomi ed evitare l’intervento chirurgico, ma tale provvedimento è solo rischioso ed inutile!!! L’intervento chirurgico si realizzerà comunque e con restrizioni dietetiche (a parte gli accorgimenti descritti sopra) si incrementano soltanto i rischi peri e postoperatori.

Posso fare la vaccinazione per l’influenza?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Si. E’ dimostrato che i pazienti con MICI sottoposti a vaccino inattivato per influenza, sviluppavano una siero conversione (protezione) del 33-85%. Tale vaccinazione si è dimostrata sicura e non ha inciso sullo stato di attività della malattia intestinale. Solo i pazienti in terapia con farmaci immunosoppressivi od immunomudulanti (Infliximab) erano a rischio di non sviluppare un titolo anticorpale protettivo.

Posso fare viaggi all’estero?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Certamente. Le accortezze da seguire sono innanzitutto la scelta della meta, che deve tener presente lo stato attuale di malattia (per esempio non avventurarsi in posti lontani se si è affetti da malattia di Crohn complicato da stenosi intestinali; se si è appena usciti da una fase di recidiva clinica di malattia o se si è appena stati sottoposti ad intervento chirurgico).
Per quanto concerne le mete “esotiche” la raccomandazione è di informarsi sulla necessità di eseguire vaccinazioni; e se si, informarsi sul tipo di vaccino e sulla sua compatibilità con le terapia in atto.
Può essere d’aiuto assumere probiotici prima di partire e durante il soggiorno unitamente alle normali regole igenico-dietetiche. Come “bagaglio” terapeutico da portar con sé in vacanza possono essere utili: antibiotici quali Rifaximina e ciprofloxacina; paracetamolo e terapia topica con mesalazina.
Assolutamente sconsigliato l’assumere cortisone senza consiglio medico, in quanto bisogna ricordare che non tutte le volte che compare la diarrea deve essere necessariamente una recidiva di MICI, teniamo presente che ci sono anche le diarree infettive.

Cosa c’è di nuovo nel campo della terapia per il Crohn?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Negli ultimi anni le novità si sono moltiplicate. Sono disponibili una grande varietà di mesalazine con diversi profili di assorbimento nei vari distretti dell’intestino infiammato, oltre ad una grande varietà di formulazioni per somministrazione topica. Sono disponibili nuovi cortisonici, sia per bocca che per via topica, con meno effetti indesiderati. La più grande novità è stata senz’altro l’introduzione dell’infliximab (Remicade®), il farmaco che inibendo l’effetto del TNF è di enorme aiuto nelle forme resistenti alla terapia tradizionale e nelle fistole cutanee. Inoltre per questo farmaco c’è anche la possibilità di utilizzo nella terapia di mantenimento. Ci sono inoltre una serie di studi in corso sui nuovi immunomodulatori (talidomide, FK-506, micofenolato mofetile), nuove citochine antinfiammatorie e loro antagonisti, sul ruolo degli antibiotici e probiotici. Non va dimenticato, infine, che negli ultimi anni è diventato più chiaro e definito l’importante ruolo dell’azatioprina e della 6-Mercaptopurina. Certo, molto c’è ancora da fare, e soprattutto nessuna di queste terapie sembra modificare completamente la storia naturale della malattia, nel senso che non esiste ancora alcuna possibilità di guarigione definitiva, anche se attualmente sono certamente aumentate le possibilità di controllare meglio le fasi di attività della malattia e di migliorare la qualità della vita.

Quale è la terapia nella fase acuta dei sintomi da Crohn?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

L’attività della malattia può essere molto variabile, passando dalla presenza di sintomi e segni lievi, che non interferiscono significativamente con la vita quotidiana, fino alla necessità di un ricovero ospedaliero con supporto nutrizionale artificiale. I medici valutano l’attività della malattia sulla base di alcuni parametri come: condizioni generali, n° di evacuazioni, presenza di dolori addominali, dimagramento, anemia, febbre, fistole ed altre manifestazioni extra-intestinali. Nelle forme con lieve attività può essere sufficiente la terapia con mesalazina, ma quando non è efficace, e comunque nelle forme con maggiore attività di malattia, è necessaria la terapia con corticosteroidi. Tale effetto può essere ottenuto anche con i corticosteroidi di nuova generazione, con minori effetti collaterali. Una volta ottenuto il controllo dei sintomi della fase acuta (in media dopo 2-4 settimane), si comincia a ridurre progressivamente e lentamente il dosaggio fino alla sospensione completa. Talora alcune riaccensioni della malattia, soprattutto nelle localizzazioni del colon, possono essere controllate con un ciclo di terapia antibiotica (metronidazolo, ciprofloxacina e, probabilmente anche claritromicina e rifaximina). Questa terapia è meno standardizzata e deve essere valutata caso per caso. E’ possibile che per il futuro venga considerato più diffusamente l’uso dell’infliximab nella fase di acuzie, data la sua rapidità d’azione e la semplicità di somministrazione, anche allo scopo di ridurre l’uso degli steroidi. Al momento il farmaco è indicato però solo nelle forme resistenti alla terapia tradizionale e nella malattia perianale complessa.

E’ necessaria una terapia di mantenimento nel Crohn?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

La malattia di Crohn è caratterizzata da poussè di attività e periodi di remissione anche prolungati. L’obiettivo della terapia di mantenimento è di prolungare il periodo di benessere. In Italia è largamente usata la mesalazina nella terapia di mantenimento, anche in ragione della sua elevata tollerabilità. Dall’analisi comparativa di diversi studi pubblicati su questo argomento si evince che la terapia con mesalazina ha un vantaggio solo di circa il 10% rispetto a nessuna terapia. La valutazione di questi risultati è resa complicata dalla grande variabilità di comportamento della malattia in diversi individui, a seconda anche delle diverse localizzazioni, ma anche dalla diversità di dosaggio e caratteristiche delle formulazioni di mesalazina usate in questi studi. Sulla base di queste considerazioni, in attesa di conferme definitive, sembra comunque prudente continuare una terapia di mantenimento con mesalazina. Un altro farmaco usato nella terapia di mantenimento è l’azatioprina, per la quale esistono concrete dimostrazioni di efficacia (vantaggio del 30-40% rispetto a nessuna terapia). D’altra parte si tratta di un farmaco che richiede un’attenta sorveglianza per i suoi effetti indesiderati, che va riservato alla terapia di mantenimento nei pazienti con forme con esordio più severo, con frequenti riaccensioni, steroido-dipendenti o steroido-resistenti oppure intolleranti o non responsivi alla mesalazina.

Che rischi ha la terapia?

Ogni terapia comporta dei rischi, ma anche non fare nessuna terapia può essere una scelta rischiosa. E’ importante che i farmaci vengano assunti e ogni dubbio discusso con il proprio specialista di riferimento. Per ogni tipo di farmaco assunto verranno prescritti gli appropriati esami di controllo.

E’ necessaria una terapia dopo l’intervento?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

L’intervento, purtroppo, non è in grado di guarire dalla malattia, che ritornerà prima o poi (in circa il 70?i casi entro 10 anni), di solito ripartendo proprio dalla sede della resezione. E’ opportuno pertanto riprendere la terapia quanto prima dopo l’intervento, per
ridurre il rischio e la gravità della recidiva. Diversi studi, condotti anche in Italia, hanno dimostrato che la mesalazina riduce del 10-20% questo rischio. In alcuni pazienti, magari più giovani, sottoposti ad ampia resezione o già al secondo intervento, questo tipo di “protezione” offerta dalla mesalazina potrebbe essere insufficiente. E’ stato dimostrato che una terapia con metronidazolo nei tre mesi successivi all’intervento riduce notevolmente il rischio di recidiva ad un anno, e che l’azatioprina è più efficace della mesalazina nella prevenzione della recidiva. Nei pazienti a maggior rischio di recidiva, con tendenza alla formazione di fistole o plurioperati, è necessaria pertanto una terapia di mantenimento più energica con azatioprina.

La terapia è diversa in base alla diversa localizzazione?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Quando si utilizza la mesalazina è fondamentale usare quella con rilascio nella sede dell’infiammazione. Non ci sono differenze se si usa il cortisone tradizionale o l’infliximab o l’azatioprina. Le forme del colon rispondono meglio di quelle dell’ileo alla terapia
antibiotica.
La malattia perianale risponde solo alla terapia con antibiotici (metronidazolo, cirpofloxacina o entrambi), all’azatioprina e all’infliximab.

C’è una terapia per le fistole?

Nel caso di fistole entero-enteriche (cioè tra diversi tratti dell’intestino), enterovescicali o enterovaginali, di solito la terapia medica, incluso l’infliximab, è di minima efficacia. L’infliximab è estremamente efficace nelle fistole cutanee, anche perianali. Purtroppo è elevata la frequenza di recidiva dopo qualche mese dal trattamento; solo circa 2/3 delle fistole rimangono chiuse continuando l’infliximab.

Ci sono novità nella terapia della Colite Ulcerosa?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

La cattiva notizia è che non esiste ancora il farmaco in grado di guarire dalla colite ulcerosa. In compenso ci sono diverse buone notizie. Intanto è di molto migliorata la terapia di queste malattie, grazie soprattutto all’adeguato uso del cortisone. E’ ormai assai raro vedere in ospedale pazienti con colite ulcerosa in condizioni di rischiare la vita. Inoltre sono disponibili anche i cortisonici di nuova generazione per bocca e per via topica. C’è un’ampia scelta di preparazioni topiche a base di mesalazina, in modo da migliorare la loro tollerabilità. Si è ulteriormente diffuso l’utilizzo dell’azatioprina, quando non sussistano già le indicazioni all’intervento, nei casi di steroido-dipendenza e di intolleranza alla mesalazina. L’utilizzo della ciclosporina, in centri di elevata esperienza, ha consentito di ridurre la frequenza della colectomia in urgenza nei pazienti resistenti alla terapia con steroidi. Inoltre dal 2006 la Commissione Europea del Farmaco ha approvato l’utilizzo dell’infliximab nei pazienti con Rettocolite Ulcerosa in fase attiva da moderata a grave che non rispondono adeguatamente alla terapia convenzionale. E’ in corso di valutazione l’eventuale utilità dei probiotici.

Quale è la terapia nella fase acuta della Colite Ulcerosa?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Sulla base di una serie di parametri fondamentali, individuati da circa 50 anni, si distingue l’attività della colite ulcerosa in lieve, moderata e severa (Tabella II). Nelle forme severe è indispensabile il ricovero e la terapia con alte dosi di cortisone e ciononostante in circa 1/3 dei casi può essere necessario un intervento chirurgico d’urgenza. In caso d’insuccesso della terapia cortisonica, se la situazione clinica lo consente, si può eseguire un ciclo di terapia con ciclosporina, oppure, come ricordato sopra, si può utilizzare l’Infliximab.
Nelle forme con attività lieve e moderata si inizia di solito la terapia con mesalazina per bocca e per via topica, aggiungendo i corticosteroidi in caso di scarsa risposta. Ottenuto il controllo dei sintomi, gli steroidi vengono progressivamente, ma lentamente, ridotti e sospesi. Nelle forme ad interessamento distale (retto e retto-sigma) può essere efficace la sola terapia topica con mesalazina. In caso di scarso successo della terapia topica con mesalazina si può passare a quella topica con steroidi o addirittura ad una terapia combinata. Non è dimostrato che la terapia topica con steroidi sia superiore a quella con mesalazina, ma è frequente che pazienti che non rispondono ad una terapia possano
rispondere all’altra e viceversa. I due farmaci assieme possono avere un effetto sinergico.
E’ possibile che dopo un iniziale miglioramento dei sintomi la malattia non vada in completa remissione o si verifichi una situazione di steroido-dipendenza, con ripresa dei sintomi alla sospensione o alla riduzione degli steroidi. In questo caso è opportuno iniziare una terapia con azatioprina.
Tabella II – Classificazione di Truelove-Witts della gravità della colite ulcerosa.

SEVERA
>6 scariche/die con sangue
Temperatura > 37 °C
Frequenza cardiaca > 90/min
Emoglobina < 75> 30 mm/hr

MODERATA
Forma intermedia

LIEVE
< 4>Non febbre, non tachicardia
VES < 30>

E’ necessaria una terapia di mantenimento ?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Una delle caratteristiche della colite ulcerosa è di presentare periodiche riaccensioni (di solito 1-2 volte/anno); solo in una minoranza di casi si assiste a prolungati periodi di quiescenza. E’ opportuna pertanto una terapia di mantenimento con mesalazina perché è
dimostrato che riduce significativamente la frequenza e la gravità delle riaccensioni della malattia. Inoltre è stato recentemente segnalato che la continua assunzione di mesalazina potrebbe ridurre il rischio di cancro del colon. Nelle forme distali la terapia di
mantenimento può anche essere eseguita con preparati topici, ad esempio 2-3 volte alla settimana.

Che rischi ha la terapia nella Colite Ulcerosa?

E’ sicuramente più rischiosa una malattia non ben controllata, perché si può assistere ad un’estensione dell’interessamento del colon o addirittura allo sviluppo di una colite severa. La terapia di mantenimento con mesalazina è assai ben tollerata.

Nella Colite Ulcerosa è necessaria una terapia dopo l’intervento?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Se viene eseguito, come dovrebbe nella maggior parte dei casi, un intervento di proctocolectomia con anastomosi tra ileo e ano, tutta la mucosa potenzialmente suscettibile alla malattia viene eliminata e quindi non serve più nessuna terapia. A volte,
per motivi di tecnica chirurgica, possono rimanere 1-2 centimetri di mucosa del retto, ed in questo caso è di solito sufficiente una terapia anche intermittente con supposte o gel rettale di mesalazina. Se per un qualche motivo è stato eseguito un intervento di
colectomia con anastomosi tra ileo e retto, evidentemente il retto residuo rimane infiammato ed è necessaria una terapia (di solito solo topica).

La terapia è diversa in base alla diversa estensione della Colite Ulcerosa?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

Di solito l’estensione della malattia ne condiziona la gravità tanto che le forme di coliti severe si verificano nei pazienti con interessamento di tutto il colon o del colon sin. Le forme con localizzazione nel sigma-retto e retto determinano meno effetti sistemici ma possono comunque essere particolarmente resistenti alla terapia. In generale nelle forme più distali conviene insistere più con la terapia topica ed è meno frequente la necessità di assumere steroidi per bocca.

C’è una terapia per l’infiammazione della pouch?

Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

L’infiammazione della pouch, cioè del neo retto ricostruito con l’ileo dopo un intervento di proctocolectomia, si manifesta in almeno 1/3 dei casi per motivi che ancora non sono noti.
Tale complicanza è invece praticamente assente nei pazienti che subiscono lo stesso tipo di intervento a causa di una poliposi del colon. In circa 2/3 dei pazienti che sviluppano l’infiammazione si possono verificare recidive e in circa il 15?i casi l’infiammazione diventa cronica (in media il 5% di tutti i pazienti operati). Recentemente è stato dimostrato che alte dosi di probiotici possono ridurre il rischio del primo episodio di infiammazione della pouch e il rischio di recidiva dell’infiammazione stessa. Quando è presente l’infiammazione, il cardine della terapia è il metronidazolo; in alternativa può essere usata la ciprofloxacina o altri antibiotici (ac. clavulanico, eritromicina, rifaximina). Come seconda linea di terapia, nei casi resistenti, possono essere usati la mesalazina, i probiotici, gli steroidi (anche la budesonide), l’azatioprina, il butirrato e il bismuto. In casi resistenti è stato utilizzato con successo anche l’infliximab.