Elisabetta Colombo, Fabrizio Bossa, e Vito Annese
A nome del comitato scientifico AIGO

La malattia di Crohn è caratterizzata da poussè di attività e periodi di remissione anche prolungati. L’obiettivo della terapia di mantenimento è di prolungare il periodo di benessere. In Italia è largamente usata la mesalazina nella terapia di mantenimento, anche in ragione della sua elevata tollerabilità. Dall’analisi comparativa di diversi studi pubblicati su questo argomento si evince che la terapia con mesalazina ha un vantaggio solo di circa il 10% rispetto a nessuna terapia. La valutazione di questi risultati è resa complicata dalla grande variabilità di comportamento della malattia in diversi individui, a seconda anche delle diverse localizzazioni, ma anche dalla diversità di dosaggio e caratteristiche delle formulazioni di mesalazina usate in questi studi. Sulla base di queste considerazioni, in attesa di conferme definitive, sembra comunque prudente continuare una terapia di mantenimento con mesalazina. Un altro farmaco usato nella terapia di mantenimento è l’azatioprina, per la quale esistono concrete dimostrazioni di efficacia (vantaggio del 30-40% rispetto a nessuna terapia). D’altra parte si tratta di un farmaco che richiede un’attenta sorveglianza per i suoi effetti indesiderati, che va riservato alla terapia di mantenimento nei pazienti con forme con esordio più severo, con frequenti riaccensioni, steroido-dipendenti o steroido-resistenti oppure intolleranti o non responsivi alla mesalazina.